Consegnato il responso elettorale ed acquisita la vittoria del centrodestra, sento di dover esprimere, a mente più serena, alcune riflessioni sull’esito del voto, ben consapevole che la mia lettura potrà anche non essere condivisa e suscitare critiche, assolutamente legittime, ma di certo non intende promuovere polemiche faziose con chicchessia.
Il mio vuole e deve rimanere quindi un esame non acritico su quel che ho vissuto in questi mesi di campagna elettorale quando ho deciso di spendermi come candidato sindaco del centrosinistra e della parte consistente della società civile in cui mi sono sempre riconosciuto ed in cui continuerò a riconoscermi, sempre.
Dico subito che ho profondo rispetto delle decisioni maggioritarie della nostra comunità, il cui giudizio è per me sovrano. Franco Landella ha vinto ed è giusto che continui ad amministrare la nostra Città, perché questa è stata la volontà della maggioranza degli elettori recatasi alle urne.
Di certo avremo commesso degli errori. Del resto, l’ansia di rappresentare tutte le istanze della collettività ci avrà fatto trascurare alcuni aspetti, anche perché era più importante per noi parlare alla Città e non all’avversario.
Il forte calo della partecipazione, che reputo solo in parte fisiologico, ha inciso in maniera notevole sul risultato finale e deve far riflettere sulle ragioni che hanno indotto un cittadino su due a non esercitare il diritto-dovere del voto; la scelta, cioè, di non partecipare al momento più alto dell’esercizio delle prerogative di democrazia diretta. Ed è qui che riaffora il dubbio, insito in me da lungo tempo, che in noi cittadini alberghi un senso di rassegnazione, assuefazione o forse anche indolenza civica, come se i problemi della nostra Città siano irrisolvibili o che sia indifferente chi si proponga di risolverli.
Questo contesto di disaffezione ha potuto trarre alimento anche da alcune tesi che considero a dir poco azzardate. E cioè che da parte nostra si sia promosso e alimentato un sentimento di odio verso l’avversario, quasi ci fosse in noi una sorta di ricerca velenosa per colpire l'altra parte sul piano personale e non su quello politico. È un assunto davvero inaccettabile, perché una cosa è il confronto, anche duro ed acceso, altra cosa è il tentativo di demonizzare l’avversario, cosa che non abbiamo mai cercato.
Chi mi conosce solo un po’ sa che non ha mai albergato in me questa forma di sentimento deteriore, perché genera cattiveria, astio. Anzi sono proprio queste accuse ed illazioni scriteriate che possono alimentare la cultura dell’odio e chi le fa se ne assume la piena responsabilità.
Mi è capitato di leggere varie analisi sull’esito del voto e sui motivi della sconfitta del centrosinistra, probabilmente in ognuna di queste c’è una piccola verità, ma su una considerazione non sono d’accordo e cioè sulla mancanza da parte nostra di una proposta forte per la Città.
In campagna elettorale ho sempre professato la necessità che la costruzione e l'esistenza di un clima e di un contesto di legalità siano elementi indispensabili per la crescita economica, sociale e culturale di una collettività. Su questo aspetto nodale abbiamo posto l’accento per segnalare quanto fosse necessario, utile alla Città avviare un percorso di netta discontinuità rispetto al passato recente che non manca di vischiose opacità. La nostra proposta poggiava, voglio ribadirlo, su due architravi, due parole chiave per noi: LEGALITÀ e MORALITÀ. L’una a presidio dell’altra. Abbiamo parlato a voce alta di queste cose, richiamato più volte vicende che anche la stampa più attenta ha talvolta sottovalutato o non osservato con l'attenzione che i fatti richiedevano.
Abbiamo denunciato l’assegnazione, illegittima ed arbitraria, di fondi pubblici destinati a soddisfare i bisogni e le esigenze dei ceti sociali più deboli e soccombenti, dirottati ad associazioni gestite da parenti di amministratori e nelle cui sedi sono stati allestiti comitati elettorali. Abbiamo notizia che nel recente passato sono stati adottati atti analoghi, ma di ciò ci riserviamo di fare i dovuti approfondimenti. Così come la consegna di alloggi privi del requisito di agibilità a persone che li hanno attesi per 5 anni e li hanno ottenuti pochi giorni prima del voto.
Abbiamo raccontato delle promesse di posti di lavoro e di alloggi, fatte a gente bisognosa che reclama il riconoscimento dei propri diritti, sfruttando i loro bisogni, le loro necessità, a volte la loro disperazione. Profondo senso di sgomento ho provato allorquando, confrontandomi con dei giovani neomaggiorenni incontrati per strada, mi hanno accennato al fenomeno della compravendita dei voti.
Abbiamo raccontato, forti del nostro pensiero libero, dei “presìdi” organizzati da oltrepassare per raggiungere alcuni seggi elettorali, animati da personaggi a dir poco ambigui, da cui sono stato anche apostrofato al mio passaggio in auto.
Era questa la proposta forte: condurre una campagna elettorale nel pieno rispetto delle regole, dei principi di moralità e legalità, in assoluta trasparenza, in forte discontinuità con il passato. Perché crediamo che questi siano i presupposti indispensabili ed irrinunciabili per consentire ad una collettività di crescere in modo sano e ad un governo locale di essere scevro da qualsiasi forma di condizionamento e di poter operare nell’esclusivo e supremo interesse della collettività.
E la nostra proposta s’inserisce in un tessuto collettivo complesso, che a Foggia è fatto di incertezze e nuove povertà, condizionato dal crescente peso dell’impresa del crimine e del malaffare, come confermano le tristi cronache giudiziarie ed il grande impegno che sono chiamati a profondere gli operatori della giustizia ad ogni livello.
Ecco, dunque, l’importanza che la scelta del 9 giugno poneva sul tappeto. Una scelta che doveva compiersi sul piano politico e programmatico, come noi ci siamo sforzati di indicare, e che, probabilmente, non è stata recepita nella sua strategicità e, per alcuni versi, nella sua urgente drammaticità. E che rimetto nelle mani del rieletto sindaco, premettendo la piena legittimità della sua elezione, perché non vorrei mai che il perdurare di certi atteggiamenti e condotte possa incrementare il senso di sfiducia dei cittadini nei confronti della politica, intaccare i sogni e le speranze dei giovani e rendere il tessuto cittadino permeabile ad usi e costumi distanti anni luce dalla mia e dalla cultura della stragrande maggioranza dei foggiani.
Per il momento resta la grande soddisfazione delle centinaia e centinaia di attestazioni di stima incondizionata che ho ricevuto e l’orgoglio e la soddisfazione di aver condotto una campagna elettorale con la generosità, la correttezza e l'onestà che da sempre hanno contraddistinto la mia vita di uomo e di professionista e che avrebbero contraddistinto la mia attività di sindaco. E con lo stesso spirito di abnegazione svolgerò il ruolo di consigliere comunale.
Un abbraccio carissimo ed un profondo ringraziamento, di vero cuore, a tutte le persone che hanno creduto in me!
Pippo Cavaliere