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Un aspetto molto importante per il benessere psicologico è la capacità di vivere la nostra vita in conformità con i nostri Valori più importanti. Purtroppo, molto spesso le persone non sanno nemmeno quali siano i loro Valori e questo non è un qualcosa da poco visto che i Valori rappresentano la bussola interna che seguiamo e che ci guida nelle nostre decisioni di ogni giorno, sono il motivo per il quale vale la pena vivere.
Dal momento che la vita è una, conviene decidere come si intende viverla: attivamente o passivamente. Vivere la vita attivamente significa decidere cosa si intende farne, come la si vuole vivere ed i risultati che si vogliono ottenere. Vivere la vita passivamente significa lasciare che altro o altri determinino ciò che sarà, prendere per buono quello che ci arriva, anche quello che non vorremmo. Vivere la vita in maniera attiva è strettamente legato al concetto dei Valori.
I valori possono essere scelti tra molti ed estremamente differenti tra loro. C’è chi dà più importanza alla famiglia, chi al lavoro, chi alla carriera, chi all’amicizia, ecc… Ciascuno è libero di scegliere cosa ha più valore per se stesso. La cosa interessante da considerare è anche che Valori diversi tra loro possono essere in “competizione”. Sebbene sia possibile far convivere determinati Valori, può accadere ad esempio che qualcuno desideri perseguire “carriera” e “famiglia”, senza considerare che tali Valori potrebbero essere contrapposti. Per fare carriera potrebbe essere necessario sacrificare la famiglia, così come per vivere profondamente la famiglia potrebbe essere necessario sacrificare un determinato tipo di carriera. Ecco dunque che entrano in gioco le “Regole” per attuare i Valori. Un Valore è solo una parola sino a quando non si trasforma in azione. Le “regole” servono proprio per stabilire quali condizioni, quali azioni devono verificarsi per poter dire che stiamo soddisfacendo un determinato Valore. Ad esempio, una regola per il Valore “famiglia” potrebbe essere: “starò dando la giusta importanza alla mia famiglia solo quando riuscirò a non fare più viaggi di lavoro e a non lavorare più nei weekend”. Questa regola, praticamente, implica il ridurre le ore lavorative (per non lavorare nei weekend) e a rinunciare ai viaggi di lavoro.
Molto spesso, quando le persone non hanno chiari quali siano i propri valori, sperimentano la sensazione di frustrazione e delusione di occupare la maggior parte del proprio tempo in attività che davvero non sono importanti per loro. Non è raro infatti sentire persone che, non essendo consapevoli dei propri reali valori e di conseguenza non riuscendo a viverli, provano un senso di delusione e vuoto che colmano con comportamenti disfunzionali (abuso di sostanze, di cibo, ecc…).
Vivere seguendo i nostri valori significa agire coerentemente con quello che secondo noi è il senso della vita, cosa è importante per provare una maggiore soddisfazione in quello che facciamo e di conseguenza una maggior sicurezza e sensazione di pace interiore. Ecco dunque che conviene prendersi del tempo per riflettere su quali vogliamo realmente che siano i Valori importanti per la nostra vita. Fatto ciò è indispensabile stilare una sorta di “classifica” di priorità tra tali Valori. Altrettanto utile ed indispensabile è scrivere quali sono le regole che decidiamo di voler seguire per dare vita a tali Valori. Infine è indispensabile verificare che le regole scritte per ciascun Valore che desideriamo vivere non siano in contraddizione tra loro.
Sapere quali sono i tuoi Valori più importanti e le tue regole migliora notevolmente la qualità della tua vita e, di conseguenza, delle persone che hanno a che fare con te. Ricorda sempre però di trasformare tutti i miei consigli in azione altrimenti non otterrai nessun risultato. Passa subito all’AZIONE!! Buon lavoro


P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza inoltrateli direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it

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Le “Emozioni” sono stati mentali consci che sorgono spontaneamente in reazione a situazioni interne o esterne a noi, e di solito si manifestano attraverso cambiamenti comportamentali e fisiologici. Le emozioni si sono evolute per aiutarci a difenderci (rabbia), a legarci agli altri (gioia e amore), e ad evitare i pericoli (paura), ed è per questo motivo che sono così importanti per la sopravvivenza umana.
Se però, non sappiamo gestire le emozioni negative durante un colloquio di lavoro, probabilmente non faremo una bella impressione. Se non riusciremo a controllarle l’ansia prima di un esame importante, non lo supereremo brillantemente. Per non parlare poi di un primo appuntamento, non dormiremo la notte e arriveremo con le mani che tremano, incapaci di sillabare frasi di senso compiuto.
Saper gestire le emozioni significa sviluppare la cosiddetta “Intelligenza emotiva” che è quella particolare capacità del nostro cervello di capire ciò di cui abbiamo veramente bisogno in una specifica situazione. In più, ha un’importanza fondamentale nei rapporti con gli altri, perché dal mancato controllo di un’emozione possono scaturire reazioni negative. Insomma, imparare a gestire le proprie emozioni, soprattutto quelle negative (stress, solitudine, panico, noia, agitazione, vergogna, paura, rabbia, imbarazzo, tristezza, disagio, ansia, ecc…), è fondamentale per migliorare la qualità della nostra vita.


Cosa si può fare per gestire meglio gli stati d’animo negativi?

1.    Diventa consapevole delle tue emozioni negative chiedendoti: Come mi sento adesso, in questa situazione? (emozioni negative)
2.    Individua quali risorse e qualità hai bisogno di recuperare dentro te stesso, chiedendoti: Come mi voglio sentire adesso, in questa situazione? (emozioni positive: forte, coraggioso, sicuro di me, rilassato, sereno, ecc…)
3.    Ricorda: Per avere la sicurezza in te stesso, nell’abilità di gestire un’emozione negativa, ricordati quella volta quando ti sei trovato in circostanze simili e come in passato sei riuscito a gestire questa emozione.
4.    Rinforzati ancora di più chiedendoti: Se si trovasse in questa situazione una persona a me cara, che amo (figlio, partner, familiare, amico del cuore, ecc…) che cosa gli direi, cosa gli consiglierei di fare per riprendere il controllo di se stesso?
5.    Modellati: Metti in pratica tutto quello che hai capito dai punti 2-3-4
6.    Infine: Adotta un atteggiamento positivo verso la vita… sempre!

Possiamo usare questa Tecnica per trasformare tutti quegli stati emotivi negativi e limitanti, in Positivi e Potenzianti. Se non si vede la possibilità di gestire i propri stati d’animo da soli, è importante chiedere aiuto a dei professionisti della salute mentale (Psicologi-Psicoterapeuti).

 

P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al: 340.2351130.

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Oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parla di Salute come di “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e non semplice assenza di malattia”.
Da tempo si sa che Mente e Corpo sono legati indissolubilmente ed intimamente.
L'ipertensione arteriosa, l'asma bronchiale, l'ulcera gastro-duodenale e l'eczema sono solo alcune malattie di tipo psicosomatico; ad esse si aggiunge poi una lunga lista di disturbi psicosomatici come nausea, vomito, crampi muscolari.
Il corpo funziona come una valvola di sfogo: stati emotivi negativi, non gestiti e spesso repressi, assumono la forma di sintomi, di disturbi fisici, fino a degenerare in vere e proprie patologie.
L’affermazione dell’unità indissolubile tra mente e corpo non ha esclusivamente una
valenza diagnostica, ma anche terapeutica. Se è vero che uno stato emotivo negativo può essere l’origine di una malattia fisica; è altresì vero che l’insorgere di uno stato emotivo positivo può portare alla guarigione. Pensate a casi eclatanti di guarigioni da malattie, definite incurabili da parte dei medici.
Tutti sanno che fare sport aiuta a mantenersi in salute. Ma forse non tutti sanno che l’attività fisica non produce effetti benefici solo e direttamente sul corpo, ma anche sulla mente. È stato provato che le persone che praticano un’attività fisica sono meno esposte alla depressione, all’ansia e manifestano una migliore efficienza mentale, una maggiore autostima e una migliore qualità del riposo.
Secondo le più recenti scoperte, praticare esercizio fisico può essere considerato un vero e proprio elisir di lunga vita.  
Un movimento moderato e regolare, a tutte le età, favorisce e mantiene la salute fisica (cuore e muscoli) e psichica (rinforza le prestazioni mentali, migliora lo sviluppo dei bambini e rallenta il declino mentale legato all’età).
In una recente ricerca è emerso che i bambini più sportivi ottengono voti scolastici migliori. Corpo e mente maturano insieme: una scarsa attività fisica rallenta anche lo sviluppo mentale e quindi bisogna dare spazio ed incoraggiare la voglia naturale di movimento dei bambini (e non costringerli a stare seduti davanti la tv o ai videogiochi).

Per gli adulti, l’esercizio fisico è collegato non solo ad una maggiore longevità ma anche ad un miglioramento delle varie funzioni fisiche e cognitive. Lo sport, inoltre, è importante per ridurre i livelli di stress tanto da sembrare idoneo nei casi di leggero malumore depressivo oppure di agitazione ansiosa. Per quanto riguarda il livello cognitivo, le persone attive risulterebbero essere più efficienti nei compiti di attenzione, memoria e capacità di ragionamento.

Anche gli anziani possono godere degli influssi benefici di una leggera attività fisica. A mano a mano che l’aspettativa di vita media si allunga sempre di più, la probabilità di ammalarsi di Alzheimer (demenza) aumenta. Il rischio si può ridurre con uno stile di vita dinamico: le persone sportive, infatti, soffrono più raramente di demenza oltre che di diabete ed osteoporosi.

Da oggi, quindi, incomincia a considerare il movimento come un atto di rispetto e di amore nei confronti di te stesso. Inizia a farlo diventare una tua priorità.


Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza scrivete direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al 340.2351130

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Le giornate si allungano, le temperature diventano più miti, i giardini si colorano: sta per arrivare finalmente la tanto attesa Estate. Se per alcuni, però, l’estate è la stagione che scalda il cuore e risolleva l’umore, per molte altre persone (circa due milioni di italiani), invece, la primavera e l’estate rappresentano le stagioni del malessere. Il cambiamento di stagione, infatti, porta con sé alcune modifiche climatiche che influenzano mente e corpo e portano al peggioramento o alla comparsa di sintomi psicologici e fisici quali: stanchezza, irritabilità, sbalzi d’umore, scarsa concentrazione, apatia, eccessivo appetito con forte desiderio di mangiare cibi ad alto contenuto di carboidrati, ipersonnia e letargia. La comparsa di tale sintomatologia ha una duplice spiegazione: una di tipo “organico” e l’altra di tipo “psicologico”.
Per quanto riguarda le motivazioni di tipo organico, possiamo dire che a partire dalla primavera iniziano a modificarsi due parametri fondamentali, luminosità e temperatura, che incidono direttamente sulla biochimica cerebrale e sull’attivazione psicofisiologica di tutte le persone, con effetti altamente soggettivi.  Più specificatamente l’aumento delle ore di luce e della sua intensità porta ad una maggiore produzione di “Cortisolo” (il cosiddetto “ormone dello stress”) che l’organismo secerne per far fronte all’aumentato fabbisogno di energia che segue la fine dell’inverno e l'allungamento del periodo di luce giornaliero. Questa variazione può provocare conseguenze negative in tutte le persone, causando nervosismo e sbalzi d’umore, ma provoca conseguenze peggiori in chi già soffre di un disturbo ansioso (e/o depressivo). Oltre al cortisolo aumenta anche la produzione di “Melatonina” e la quantità di “Serotonina” in circolo, proporzionalmente all’esposizione alla luce solare, determinando variazioni biochimiche anche brusche che possono portare all’aumento dell’attivazione fisiologica che provoca maggiore disagio nei soggetti che già soffrono di ansia.
Dal punto di vista psicologico ciò che incide è l'”interpretazione” dell'insieme dei fattori fisici che si modificano e dei loro effetti diretti sul corpo: l’aumento della luminosità, le variazioni dell’umidità e il caldo, possono spaventare in particolare chi soffre di attacchi di panico e chi presenta sintomi ansiosi di natura respiratoria (fame d’aria, sensazione di respirare male e di non riuscire a riempire e/o a svuotare del tutto i polmoni) o pseudo-neurologici (vertigini, sensazione di testa leggera, paura di svenire per abbassamento della pressione).

Che cosa si può fare per cercare di alleviare questo male di stagione?

A partire dalla primavera, le cosiddette “persone metereopatiche” devono necessariamente adattare le proprie abitudini e gli stili di vita alle modificazioni stagionali: fare un po’ di attività fisica (preferibilmente negli spazi aperti, anche una passeggiata va bene), avere una corretta alimentazione (aumentando il consumo di frutta, verdura e acqua e riducendo quello di proteine, carni, grassi, fritti e caffè), concedersi momenti di relax, cercare di mantenere stabili i ritmi sonno-veglia . Se poi il malessere dovesse persistere allora è auspicabile un consulto medico e psicologico più approfondito per scoprire se tali sintomi sono il segnale di un disturbo latente causato da altri fattori e che il cambio stagionale ha messo in evidenza .

 

P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al: 340.2351130.

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Gli studi dimostrano che la struttura della personalità dei bambini, si forma prevalentemente sulla base delle loro esperienze vissute all’interno della famiglia (e soprattutto con la figura materna). Infatti, se i genitori soddisfano i bisogni dei figli con armonia ed affetto, consentono loro di svilupparsi in modo sano, mentre se offrono cure carenti e distorte, possono indurre nel futuro adulto, disturbi della personalità. Lo Psicologo Bowlby ha studiato approfonditamente l’interazione madre-bambino ed ha postulato la famosa “Teoria dell’Attaccamento”. Tale teoria integra il modello psicoanalitico classico con le osservazioni comportamentali del mondo animale di stampo etologico di Lorenz, soprattutto riguardo le interazioni madre-cucciolo e madre-bambino. In particolare Bowlby riprende le osservazioni di Harlow sul comportamento delle scimmie: in una situazione sperimentale di laboratorio un cucciolo di scimmia veniva collocato di fronte a una scimmia meccanica che forniva latte e una scimmia di pezza; Harlow osservò che il cucciolo, dopo un breve periodo in cui volgeva l’attenzione alla scimmia meccanica che forniva il nutrimento, si rivolgeva esclusivamente alla scimmia di pezza, cercando contatto e calore: la motivazione primaria non era più la nutrizione, ma il contatto fisico con un corpo accogliente.

Secondo Bowlby le interazioni tra madre e bambino (che iniziano già durante la gravidanza, e che vanno dall’abbraccio allo scambio di sguardi, alla nutrizione, alla consolazione ecc.), strutturano ciò che viene definito sistema d’attaccamento, il sistema che guiderà (anche nella vita adulta) le interazioni e gli scambi relazionali-affettivi. La funzione principale della madre è quella di fornire al bambino una “base sicura”: fargli sentire che esiste ed è protetto. La funzione di base sicura, che nei primi anni di vita viene assolta fisicamente dalla mamma, diviene poi, attraverso l’interiorizzazione dei comportamenti e degli affetti suscitati dalla mamma stessa, una struttura interna capace di consolare e proteggere durante tutto l’arco della vita. Partendo dalla base sicura il bambino può iniziare a muovere i primi passi lontano dalla mamma e cominciare ad esplorare il mondo esterno e a stimolare lo sviluppo delle funzioni cognitive, certo di poter tornare in qualsiasi momento dalla mamma stessa. In questo modo il bambino, e poi l’adulto, può sentirsi libero di allontanarsi e differenziarsi gradualmente dalla mamma, senza dover temere l’allontanamento.

Lo stile di attaccamento che un bambino svilupperà dalla nascita in poi dipende in grande misura dal modo in cui i genitori, o altre figure parentali, lo trattano. In base a tale interazione si strutturerà uno dei seguenti stili attaccamento:

- Stile Sicuro: l’individuo ha fiducia nella disponibilità e nel supporto della Figura di attaccamento, nel caso si verifichino condizioni avverse o di pericolo. In tal modo si sente libero di poter esplorare il mondo. Tale stile è promosso da una figura sensibile ai segnali del bambino, disponibile e pronta a dargli protezione nel momento in cui il bambino lo richiede.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di essere amabile, capacità di sopportare distacchi prolungati, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri, Sé positivo e affidabile, Altro positivo e affidabile. L’emozione predominante è la gioia.


- Stile Insicuro Evitante: questo stile è caratterizzato dalla convinzione dell’individuo che, alla richiesta d’aiuto, non solo non incontrerà la disponibilità della Figura di attaccamento, ma addirittura verrà rifiutato da questa. Così facendo, il bambino costruisce le proprie esperienze facendo esclusivo affidamento su se stesso, senza l’amore ed il sostegno degli altri, ricercando l’autosufficienza anche sul piano emotivo, con la possibilità di arrivare a costruire un falso Sé.
Questo stile è il risultato di una figura che respinge costantemente il figlio ogni volta che le si avvicina per la ricerca di conforto o protezione.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amato, percezione del distacco come “prevedibile”, tendenza all’evitamento della relazione per convinzione del rifiuto, apparente esclusiva fiducia in se stessi e nessuna richiesta di aiuto, Sé positivo e affidabile, Altro negativo e inaffidabile. Le emozioni predominanti sono tristezza e dolore.


- Stile Insicuro Ansioso Ambivalente: non vi è nell’individuo la certezza che la figura di attaccamento sia disponibile a rispondere ad una richiesta d’aiuto. Per questo motivo l’esplorazione del mondo è incerta, esitante, connotata da ansia ed il bambino è inclina all’angoscia da separazione. Questo stile è promosso da una Figura che è disponibile in alcune occasioni ma non in altre e da frequenti separazioni, se non addirittura da minacce di abbandono, usate come mezzo coercitivo.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amabile, incapacità di sopportare distacchi prolungati, ansia di abbandono, sfiducia nelle proprie capacità e fiducia nelle capacità degli altri, Sé negativo e inaffidabile (a causa della sfiducia verso di lui che attribuisce alla figura di attaccamento), Altro positivo e affidabile. L’emozione predominante è la colpa.

Dalle osservazioni della Strange Situation è emerso che alcuni bambini manifestavano comportamenti non riconducibili a nessuno dei tre pattern sopra descritti, rivelando così la necessità di aggiungere un quarto stile di attaccamento alla classificazione originaria. Main e Salomon hanno proposto la definizione “disorientato/disorganizzato” per descrivere le diverse gamme di comportamenti spaventati, strani, disorganizzati e apertamente in conflitto, precedentemente non individuati, manifestati durante la procedura della Strange Situation di Mary Ainsworth.

- Stile Disorientato/Disorganizzato: sono considerati disorientati/disorganizzati gli infanti che, ad esempio, appaiono apprensivi, piangono e si buttano sul pavimento o portano le mani alla bocca con le spalle curve in risposta al ritorno dei genitori dopo una breve separazione. Altri bambini disorganizzati, invece, manifestano comportamenti conflittuali, come girare in tondo mentre simultaneamente si avvicinano ai genitori. Altri ancora appaiono disorientati, congelati in tutti i movimenti, mentre assumono espressioni simili alla trance. Sono anche da considerarsi casi di attaccamento disorganizzato quelli in cui i bambini si muovono verso la figura di attaccamento con la testa girata in altra direzione, in modo da evitarne lo sguardo.

Tutti i bambini si “attaccano” entro i primi 8 mesi di vita, per portare a compimento tale processo entro il loro secondo anno. Per questo motivo consiglio vivamente a tutti i genitori (ed in particolar modo alle Mamme) di investire il MASSIMO delle vostre energie nell’accudimento dei figli almeno per i primi due anni di vita. Tale investimento vi verrà ripagato in seguito quando vedrete crescere vostro figlio “sicuro” e quando quel bambino diventerà un adulto sicuro, psicologicamente sano, forte, sereno e felice.

TANTI AUGURI DI CUORE A TUTTE LE MAMME !!

Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza inoltrateli direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it . Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al 340.2351130

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