Stato: Italia |
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Regione: |
Puglia |
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Provincia: |
Foggia |
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Coordinate: |
41°20′0″N - 15°11′0″E 41.33333°N - 15.18333°E |
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Altitudine: |
735 m s.l.m. |
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Superficie: |
18,21 km² |
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Abitanti: |
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Densità: |
11 ab./km² |
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Comuni contigui: |
Biccari, Castelluccio Valmaggiore, Faeto, Orsara di Puglia, Troia |
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CAP: |
71020 |
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Pref. telefonico: |
0881 |
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Nome abitanti: |
Cellesi (in francoprovenzale cegliàje) |
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Santo patrono: |
San Vincenzo Ferrer |
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Giorno festivo: |
13 agosto |
Celle di San Vito - Cèles de Sant Vuite in francoprovenzale, Cèlle de Sant Uìte in lingua madre - è un comune italiano di 184 abitanti della provincia di Foggia in Puglia. Il comune da secoli si caratterizza per l'uso della lingua francoprovenzale, infatti il termine deriva dal latino cella che può assumere diversi significati: piccola stanza, oratorio o anche azienda agraria alle dipendenze di un monastero. La specifica si riferisce alla presenza di un cenobio utilizzato come residenza estiva dai monaci benedettini del convento di San Nicola e dal piccolo santuario dedicato a San Vito situato sull'omonimo monte che sovrasta il paese.
TERRITORIO
Il comune fa parte della Comunità Montana dei Monti Dauni Meridionali. Il comune confina con Biccari, Castelluccio Valmaggiore, Faeto, Orsara di Puglia, Troia La sua altitudine di 726 m. s.l.m. caratterizza la zona con un clima rigido, inverni secchi e nevosi dove la temperatura tocca spesso i 0°C ed estati molto fresche che raramente arrivano al di sopra dei 16°C.
STORIA
La nascita di Celle e Faeto sembra essere innegabilmente legata all'immigrazione d'un gruppo di uomini dalla Francia nei territori della Daunia, considerando la presenza della parlata Franco-Provenzale su tali territori. I documenti più significativi in merito alle origine del paese sembrano essere due: il primo narra di un'immigrazione dalla Francia a Lucera, mentre il secondo fa riferimento all’insediamento di un distaccamento militare angioino nel Crepacore, una zona situata a circa 3 Km da Celle dove attualmente è situato il Castiglione. Il secondo documento è un editto emanato da Carlo I D' Angiò l' 8 luglio 1269: Lucera era sotto il suo assedio, mentre i Saraceni facevano continue incursioni sul territorio e, in particolar modo, sulla via Traiana. Carlo, compresa l’importanza del valico di Crepacore, vi spedisce 200 soldati per presidiarlo, ma poiché la fortezza non è abitabile, obbliga 19 comuni limitrofi a mandare sul posto circa 700 uomini affinché si occupino della sua ricostruzione.
Celle di San Vito è un piccolo ed antico paesino arroccato sull'Alta Valle del Celone, nella parte occidentale dei monti Dauni, ma la sua peculiarità rimane senza dubbio uno: l'idioma. Infatti è una piccola minoranza alloglotta, da pochi conosciuta, che storici e studiosi fanno risalire ai soldati francesi al seguito di Carlo I d'Angiò nella guerra franco-sveva, ancora oggi si può notare come i suoi abitanti si esprimano, dopo sette secoli, nella lingua Francoprovenzale, che unisce insieme caratteri specifici tanto del francese quanto del provenzale, a riprova dell’antico stanziamento.
La storia ci tramanda che il 15 luglio 1265, Carlo I d'Angiò, conte del Maine e Duca di Provenza, richiamato da Papa Urbano IV in Francia per annientare gli Svevi, si imbarcò a Marsiglia con mille soldati provenzali, ma un numero così esiguo di armati non avrebbe potuto affrontare l'agguerrito esercito di Manfredi, figlio di Federico II, per cui dovette attendere la Grande Armata, costituita da trentamila uomini, per poter dare inizio alle operazioni militari. Dopo la battaglia di Benevento avvenuta nel 1266, alcuni uomini fecero ritorno in patria, mentre altri vennero dislocati in Sicilia: in Puglia rimasero quelli venuti da un dominio linguistico francoprovenzale.
La tesi che sostiene che i paesi di Celle di San Vito e Faeto fossero stati fondati dagli immigrati provenzali in Lucera dopo la sconfitta dei Saraceni, i quali costeggiando il Celone, giunsero alla confluenza del torrente Freddo col Celone, dove esisteva un antico convento abbandonato, dedicato a San Nicola. Qui i monaci che vi avevano dimorato avevano svolto un’opera di assistenza ai pellegrini, mentre d'estate si trasferivano in un altro convento localizzato su uno sperone roccioso posto nel luogo dove oggi sorge Celle San Vito. Alcuni coloni proposero di fermarsi in quel luogo per fissare la loro nuova dimora, ma solo una decina di famiglia condivisero quella proposta, stanchi di peregrinare da un luogo all’altro e trovando quel luogo favorevole al loro stanziamento, e si insediarono nelle celle e nei pressi del convento costruito sullo sperone, fondando così il nucleo originario di Celle. Le restanti 180 famiglie, proseguirono il cammino raggiungendo un Monastero dei Benedettini, dove si fermarono dando vita al primo nucleo del paese di Faeto. Qualche anno più tardi il nucleo maggiore si trasferiva nelle vicinanze del Monastero dei Benedettini detto del SS. Salvatore dei Faiti, collocato su un contrafforte del monte Perazzone, ad occidente dello sperone su cui sorgeva il convento dedicato a San Nicola. Da Faiti, toponimo della località, nacque Faeto. Non si può escludere che i due insediamenti fossero stati, più tardi, raggiunti da altri gruppi di lingua francese, in quanto rappresentava una piccola patria fuori dai confini naturali.
Nel 1354 Giovanna d'Angiò dichiarava l'appartenenza di Celle e Faeto alla Diocesi di Troia. Nel 1440 Renato d'Angiò, erede testamentario di Carlo d'Angiò, istituiva la Baronia di Valmaggiore, formata da Celle, Faeto e Castelluccio, donando la Signoria Baronale ad Antonio Caudola o Caldora. Nel 1462 Alfonso d'Aragona concedeva la Baronia alla contessa di Celano, mentre nel 1463 l'erede di Alfonso, Ferrante, la concedeva al marito della contessa, don Antonio d'Aragona de Piccolominibus, suo genero. Negli anni a venire si susseguirono tanti altri feudatari che, sfruttando la situazione a proprio vantaggio, badavano solo ai propri interessi, dando vita ad una sorta di tirannia che durò vari secoli. Questo stato di malessere terminò dopo circa quattro secoli, con l'arrivo sul trono di Napoli del generale napoleonico Gioacchino Murat nel 1808 e quindi alla completa abolizione della feudalità.
Dal 1810 Celle è Comune indipendente e gode libertà civile e amministrativa
GONFALONE
Il riconoscimento dello stemma civico e del Gonfalone Municipale avvenne nel 1984.
Lo stemma del Comune di Celle di San Vito è di colore azzurro, con una leonessa con la testa umana, d' oro, accovacciata, con tre stelle d' oro di sei raggi sulla sua testa, poste una,due, nel fianco destro della luna crescente d' argento, e in punta delle tre montagne verdi. Riguardo il suo significato la mezza luna in fase crescente significa che la comunità di Celle, provata dalle continue angherie subite nei secoli passati, abbia avuto il desiderio di crescere sul piano politico, amministrativo e culturale. La leonessa con testa femminile umana fa riferimento ai pessimi rapporti con le varie amministrazioni, mentre le tre stelle situate in alto di colore oro, rappresenterebbero le tre comunità di Celle, Faeto e Castelluccio, che, liberatesi dalla tirannia baronale, guarderebbero con fiducia il cielo in segno di ringraziamento al Signore. Le tre montagne di colore verde rappresenterebbero le tre comunità. Il gonfalone decretato dal Presidente della Repubblica è così descritto: drappo partito di giallo e di verde riccamente ornato di ricami d' argento e caricato dallo stemma con l' iscrizione centrata in argento: Comune di Celle di San Vito. Le parti di metallo ed i cordoni sono argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto dei colori del drappo, alternati con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia verrà rappresentato lo stemma del comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d' argento.
LUOGHI DI CULTO
La Chiesetta di San Vito
La chiesa di San Vito sorge a circa due chilometri da Celle, in una zona gricola, denominata Contrada S. Vito, adiacente alla montagna con lo stesso nome, conferendole la specifica di Comune di Celle San Vito. La chiesetta di S.Vito, era inizialmente retta dai religiosi del Conventino di San Nicola, poi passò al Clero Ricettizio di Castelluccio Valmaggiore che ne curava la manutenzione e ne promuoveva il culto, passando successivamente sotto la giurisdizione di Celle.
Il 15 Giugno, festa del santo, Celle, porta al Santuario una processione ed in quella circostanza si tiene anche una fiera; attualmente è presente una variante nella tradizione della processione: si tiene l’8 agosto per dare la possibilità agli emigrati di partecipare alle tradizioni del loro paese, e San Vito si accompagna a San Modesto e Santa Crescenza fino all’ormai inesistente Santuario. La processione, durante la quale si prega e si canta, ha inizio davanti alla chiesa del paese, la Chiesa di Santa Caterina, ed una volta arrivati sù si celebra la messa all’aperto e, in mezzo ai campi, adagiati per terra, si mangia tutto ciò che di buono si è portato da casa, come quando si andava a lavorare nei campi.