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Coordinate: 42°7′0″N - 15°15′0″E
42.11667°N - 15.25°E           
Altitudine: 40 m s.l.m.
Superficie: 3,13 km²
Abitanti: 496                                                               Isole Tremiti-Stemma
Densità: 158 ab./km²
Frazioni: San Domino, San Nicola, Capraia (disabitata), Pianosa (disabitata), Cretaccio (disabitata)
Comuni contigui: nessuno
CAP: 71040
Pref. telefonico: 0882
Nome abitanti: Tremitesi
Santo patrono: Santa Maria Assunta
Giorno festivo: 15 agosto



Le Isole Tremiti
(o Diomedee) sono un arcipelago dell'Adriatico, sito a 12 miglia nautiche a nord del promontorio del Gargano e a 24 ad est della costa molisana. Il nome dell'arcipelago Tremiti o Tremetum o Trimetum o Trimerum sono tutti riconducibili al numerale latino tres, facente quindi riferimento alle tre isole che lo compongono. Amministrativamente, l'arcipelago costituisce il comune italiano di Isole Tremiti di 496 abitanti della provincia di Foggia; esso fa parte del Parco Nazionale del Gargano e dal 1989 una porzione del suo territorio costituisce la Riserva naturale marina Isole Tremiti.

Le isole Tremiti presentano un clima mediterraneo caratterizzato da temperatura con andamento annuale riconducibile ad inverni miti ed estati calde.

TERRITORIO

L'arcipelago è composto dalle isole di:

San Nicola, sulla quale risiede la maggior parte della popolazione e si trovano i principali monumenti dell'arcipelago.
San Domino, più grande, sulla quale sono insediate le principali strutture turistiche grazie alla presenza dell'unica spiaggia sabbiosa dell'arcipelago (Cala delle Arene).
Capraia (detta pure Caprara o Capperaia), la seconda per grandezza, disabitata.
Pianosa, un pianoro roccioso anch'esso completamente disabitato e distante una ventina di chilometri dalle altre isole.
Il Cretaccio, un grande scoglio argilloso a breve distanza da San Domino e San Nicola.
La Vecchia, uno scoglio più piccolo del Cretaccio e prossimo a questo.
Il geografo Tolomeo, vissuto nel II sec. d.C., definisce queste isole Diomedee, mentre il suo contemporaneo Dionisio d'Alessandria, cita una sola isola “Diomedis nomine dicta”, con riferimento alla più importante, dove, secondo la tradizione letteraria, era approdato Diomede dopo che, ritornato da Troia ad Argo, ne ripartì per sempre dopo aver scoperto la congiura ordita a suo danno dalla moglie Egialea e dal suo amante Comete.
La leggenda vuole che nacquero per mano di Diomede, quando gettò in mare tre giganteschi massi (corrispondenti a San Domino, San Nicola e Capraia) portati con sé da Troia, e misteriosamente riemersi sotto forma di isole. Qui l'eroe ebbe il primo contatto con la Daunia, prima di sbarcare sul Gargano, nei pressi di Rodi alla ricerca di un terreno più fecondo, peregrinando per la regione dauna e unendosi in matrimonio con la figlia (Euippe, secondo alcuni Drionna, secondo altri Ecania) di Dauno, re dei Dauni.
Una variante di questo mito vuole che i tre massi fossero avanzati dal carico che l'eroe omerico aveva utilizzato per tracciare i confini del suo nuovo regno, la Daunia, quindi con collocazione dell'episodio già dopo il matrimonio con Euippe.
Ma la leggenda non vuole solo la nascita delle Tremiti legata a Diomede, ma annoda anche la morte di questi all'arcipelago pugliese: molte narrazioni collocano il luogo della scomparsa dell'eroe nelle isole dell'Adriatico. Alcune parlano della morte avvenuta in seguito ad un naufragio, ma la versione più comune della leggenda narra del ritiro di Diomede, insieme ai suoi compagni, sull'arcipelago dove l'eroe andrà incontro alla morte: sull'isola di San Nicola vi è una tomba di epoca ellenica chiamata ancora oggi la tomba di Diomede.
Particolare interessante della leggenda riguarda le diomedee, caratteristici uccelli che popolano le falesie e le scogliere dell'arcipelago: infatti si vuole che questi uccelli, dal nome riconducibile all'eroe greco, siano i compagni di quest'ultimo trasformati da Afrodite per compassione, o secondo Virgilio, per vendetta.
In quest'ultima versione la metamorfosi dei compagni dell'acheo non è collegata alla morte dell'eroe, ma ai contrasti di questo con la dea Afrodite. La versione non virgiliana, che è anche quella più narrata, vuole invece che la dea per compassione verso il dolore dei compagni di Diomede li abbia trasformati in uccelli, appunto le diomedee, che con i loro garriti notturni, continuano a piangere affranti per la scomparsa del loro condottiero.

STORIA

Abitate già da IV-III secolo a.C., le isole Tremiti furono, per molti secoli, un luogo di confino: in epoca romana l'imperatore Augusto vi relegò la nipote Giulia che vi morì dopo vent'anni di soggiorno forzato; nel 780 Carlo Magno vi esiliò Paolo Diacono che, però, riuscì a fuggire.
La storia dell'arcipelago non è però solo legata agli esiliati, ma soprattutto alle vicende storiche, politiche ed economiche dell'abbazia di Santa Maria a Mare.
Secondo il Chartularium Tremitense il primo centro religioso fu edificato nel territorio delle isole adriatiche nel IX secolo ad opera dei benedettini come dipendenza diretta dell'abbazia di Montecassino. Nell'XI secolo il complesso abbaziale raggiunse il periodo di massimo splendore, aumentando a dismisura possedimenti e ricchezze, cosa che portò alla riedificazione da parte dell'abate Alderico della chiesa con consacrazione nel 1045 effettuata dal vescovo di Dragonara.
L'intero complesso rimase un possedimento dell'abbazia di Montecassino per circa un secolo, nonostante le pressanti richieste di autonomia.
Nel XIII secolo, svincolata dal monastero cassinese, aveva possedimenti in terraferma dal Biferno fino alla cittadina di Trani. Secondo le cronache dell'epoca le tensioni con il monastero laziale e i frequenti contatti con i dalmati, mal visti dalla Santa Sede, portarono i monaci del complesso a una decadenza morale che spinse nel 1237 il cardinale Raniero da Viterbo ad incaricare l'allora vescovo di Termoli di sostituire alla guida dell'abbazia l'ordine di San Benedetto con i Cistercensi.
In seguito Carlo I d'Angiò munì il complesso abbaziale di opere di fortificazione.
Nel 1412, su diretto ordine di papa Gregorio XII, una piccola comunità di Canonici Lateranensi, proveniente dalla chiesa di San Frediano in Lucca e guidata da Leone da Carrara si trasferì sull'isola per ripopolare l'antico centro religioso. I Lateranensi restaurarono il complesso abbaziale, ampliandone inoltre le costruzioni, soprattutto con la realizzazione di numerose cisterne ancora oggi funzionanti ed estesero i possedimenti dell'abbazia sul Gargano, in Terra di Bari, Molise e Abruzzo.
Nel 1567 l'abbazia-fortezza di San Nicola riuscì a resistere agli attacchi della flotta di Solimano il Magnifico.
L'abbazia fu soppressa nel 1783 da re Ferdinando IV di Napoli che nello stesso anno istituì sull'arcipelago una colonia penale. Nel periodo napoleonico l'arcipelago fu occupato dai murattiani che si trincerarono all'interno della fortezza di San Nicola resistendo validamente agli assalti di una flotta inglese (anno 1809). Di questi attacchi sono visibili ancora oggi i buchi delle palle di cannone inglesi sulla facciata dell'abbazia. In seguito a tale evento, Murat concesse la grazia ai deportati che avevano collaborato alla resistenza contro gli inglesi. Fu così che ebbe fine la prima colonizzazione delle Tremiti, effettuata mediante l'insediamento di colonie penali.
Nel 1843 re Ferdinando II delle Due Sicilie con l'intento di ripopolare le isole vi fece insediare molti indigenti provenienti dei bassifondi napoletani, che poterono così sfruttare proficuamente la pescosità di quell'area marittima, dando luogo così ad una seconda colonizzazione delle Tremiti.
Nel 1911 furono confinati alle Tremiti circa milletrecento libici che si opponevano all'occupazione coloniale italiana. L'autonomia comunale risale al 1932.

MONUMENTI

Torrione Del Ponte Levatoio

Questo torrione fiancheggia la porta principale del Castello, la quale era munita di un ponte levatoio largo circa dieci metri, in parte ancora visibile. Sulla porta sporgono tre mensole identiche a quelle che coronano il torrione, tra le quali si aprono dei piombatoi utilizzati per gettare sassi, olio e acqua bollente; sulla parte sinistra si erge una torre merlata. Contro gli assalti di pirati dalmati e saraceni, Carlo II d'Angiò nel 1294 fece costruire parapetti e merli.


LUOGHI DI CULTO

Abbazia Di S. Maria Di Tremiti

abbazia tremitiLa facciata della chiesa fu ristrutturata nel 1473 dallo scultore e architetto Andrea de Alexio da Durazzo e dallo scultore fiorentino Niccolò di Giovanni Cocari, in quanto la precedente, risalente all'XI secolo ad opera dei Benedettini, risultava ormai cadente. Per i lavori fu utilizzata la pietra da taglio perlinata di Bisceglie, pietra nobile ma molto delicata per una costruzione vicino al mare: ciò spiega il cattivo stato di conservazione di alcune sculture del portale.
La superficie della facciata è tripartita da quattro lesene, riflettendo la divisione interna del tempio; la parte centrale della facciata è tripartita a sua volta da cornici orizzontali con aggetto e termina a cuspide. La cuspide centrale e le falde inclinate delle due parti laterali sono delimitate da cornici che fanno da base, piegandosi, ai quattro pinnacoli scolpiti.
Il portale è anch'esso ripartito in tre scomparti sovrapposti, che sormontano l'architrave della porta d'ingresso: nel primo scomparto, tra due nicchie con statue di Santi scolpite a tutto tondo, è posta una lunetta in bassorilievo, in cui è rappresentato S. Agostino che dà la Regola ai Canonici Lateranensi. Nel secondo scomparto, pure tra due nicchie con statue di Santi, campeggia in altorilievo l'Assunta tra gli Apostoli inginocchiati, ad uno dei porge la corona, mentre i cherubini la sollevano al cielo in un guscio di mandorla.
L'opera somma della Chiesa di S. Maria a Mare è senza dubbio il mosaico pavimentale, che si può ammirare quasi per intero al centro della navata centrale e che probabilmente doveva ricoprire tutta la superficie della chiesa. Questi si snodava dall'ingresso, dove è possibile vedere parte di un tondo, dcorato ai bordi da una ghirlanda di foglie stilizzate, raffigurante su fondo bianco un'aquila con colori che variano dal rosso al giallo, all'ocra, dal grigio delle penne al nero dei contorni. Tranne questi tratti con motivi geometrici, tutto il pavimento è del tipo detto tessellatum ( tessere a cubo regolare della superficie di 1 cmq).
Sotto la prima arcata di sinistra del peribolo e sopra il basamento di una custodia barocca, s'erge la grande croce dipinta su legno. È alta m. 3,65 ed è larga m. 2,58. Sotto i bracci trasversali la Croce si allarga, formando il riquadro dove è raffigurata la Madre Addolorata, alla sinistra del Cristo crocifisso, che morente l'affida a S. Giovanni Evangelista, il giovane discepolo prediletto. La rappresentazione del Cristo morente risponde al formulario stilistico bizantino: testa piccola rispetto al corpo che è magro e lungo, minore larghezza di spalle rispetto al bacino, occhi grandi, particolare modellatura del naso e della bocca, ciuffetto biforcato in mezzo alla fronte: tutto ciò facollocare la composizione dell'opera intorno al XIII secolo.

Il Tesoro di "Diomede"

Un'altra leggenda legata all'arcipelago, riportata dalla Cronica Istoriale di Tremiti, narra di un eremita che scelse l'isola di San Nicola intorno al 312 d.C. come luogo di ritiro e di contemplazione.
Secondo la leggenda, una notte gli apparve in sogno la Madonna indicandogli il luogo in cui doveva scavare per rinvenire un tesoro di monete e monili, il cosiddetto tesoro di Diomede, e di edificare con questi una chiesa in onore della Vergine Maria.
La cronaca vuole che l'eremita, o perché temesse l'opera diabolica dietro l'apparizione, o per non abbandonare la meditazione e l'ascesi per improvvisarsi costruttore, ignorò l'invito mariano.
Allora la Madonna riapparve al monaco, questa volta «con viso alterato e occhi sdegnati» in segno di rimprovero per l'atto di disobbedienza. In seguito a questa seconda apparizione il monaco superò le sue diffidenze e obbedì agli ordini mariani, ritrovando il tesoro e costruendo con questo un edificio dedicato alla Vergine.
Pare che la storia del prodigioso ritrovamento si diffuse in fretta trasformando San Nicola in meta di avventurieri in cerca di tesori, o come riporta la Cronica, di pellegrini che accorrevano per la notizia del miracolo, e l'eremita in difficoltà dovette chiedere l'aiuto del Papa che affidò il governo dell'isola all'Ordine di San Benedetto.

"Leggenda..."


La fantasia popolare ha coronato ogni luogo delle isole di suggestioni.
All'isola-scoglio del Cretaccio è legata una leggenda, dalle tinte macabre, che vuole che su di esso si aggiri di notte, soprattutto in concomitanza di bufere, un uomo che regge tra le mani la sua testa, popolando lo scoglio argilloso delle sue urla. Sarebbe il fantasma di un detenuto evaso dalla colonia penale presente un tempo nell'arcipelago, che una volta ricatturato, fu decapitato proprio su quest'isolotto.
Ad arricchire la suggestione si aggiunge la credenza popolare che vuole che sullo scoglio attiguo, chiamato la Vecchia, prima di ogni temporale compaia il fantasma di una vecchia (da cui il nome dello scoglio) intenta a filare.
Sarebbe lo spirito di una strega che in epoca remota fu proprietaria dello scoglio.