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Psicologia

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Oggi vi voglio parlare di uno dei meccanismi più affascinanti ed utili da comprendere della Psicologia umana. Si tratta di un concetto proposto per la prima volta nel 1948 dal sociologo Robert K. Merton (1910-2003) che descrisse la profezia che si auto avvera come “una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”. L’idea alla base è che un’opinione pur essendo falsa, per il solo fatto di essere creduta vera porta la persona a comportarsi in un modo che la fa avverare, fa avverare cioè l’aspettativa. A questo proposito egli descrisse il fallimento di una banca, provocato dai clienti, che convinti che la banca stesse per fallire, si precipitarono a ritirare tutti i loro risparmi provocandone il fallimento (vi ricorda per caso qualche meccanismo psicologico che sta attivando nella nostra mente la crisi economica?).
Uno dei più importanti studiosi di questo concetto è stato Rosenthal che nel 1974 ha messo in luce quello che fu definito “l’effetto Pigmalione”. Egli effettuò il seguente esperimento all’interno di una scuola elementare: fingendo di aver somministrato un test alla classe, informò le maestre del fatto che i bambini del gruppo “X” erano risultati più predisposti allo studio e più intelligenti rispetto a quelli del gruppo “Y”. Il risultato finale fu il fatto che a conclusione dell’anno scolastico i bambini del gruppo X ottennero valutazioni più elevate da parte degli insegnanti e questo portò l’autore a ipotizzare che l’atteggiamento degli insegnanti, influenzato dalle previsioni, avesse condotto alla realizzazione della previsione stessa (Per gli insegnanti: attenzione a questi meccanismi psicologici involontari quando valutate un alunno!!).
Questo fenomeno, ovviamente, è presente anche nella nostra vita di tutti i giorni ed ha diverse implicazioni.
Prima di tutto può portare a valutare e interpretare in modo errato gli individui con cui entriamo in contatto. Le prime impressioni che noi ci formiamo, basate su caratteristiche fisiche, comportamentali, sulla similarità dell’altra persona a noi, sono inficiate da queste profezie. In che modo? Le aspettative che abbiamo nei confronti del soggetto porteranno l’individuo stesso a comportarsi come noi ci attendiamo. L’idea alla base è il fatto che le nostre impressioni degli altri possono causare comportamenti che tendono a confermarle.
Il discorso, di conseguenza, si sposta anche a livello degli “stereotipi”. Perché essi hanno la tendenza a conservarsi e sono resistenti al cambiamento? In generale ognuno di noi cerca di individuare nel mondo solo informazioni che li confermano (ad es.: lo stereotipo che “tutti gli extracomunitari sono delinquenti” viene confermato quando in tv sentiamo di un omicidio commesso da un extracomunitario). Si parla di errore di conferma (“vedo solo ciò che mi aspetto di vedere”).
Infine, non legato specificatamente alla percezione sociale, la profezia che si autoadempie esiste anche in relazione a noi stessi e ai nostri pensieri: quando pensiamo o temiamo che avvenga qualcosa di negativo ci comportiamo in modo che la previsione si realizzi davvero. Ad esempio, una persona che teme di essere considerata antipatica dagli altri mette in atto comportamenti di chiusura e di sottrazione così da sembrare realmente sgradevole.

Cosa si può fare per non autoingannarci?

I meccanismi fin qui descritti non sono di tipo patologico. Ognuno di noi, infatti, nella sua esperienza quotidiana può trovare prova di come essi agiscano, a volte senza particolari conseguenze. In questi casi un ottimo antidoto contro le profezie è rappresentato semplicemente dall’agire “come se” non si avessero quelle convinzioni.
Altre volte al contrario, possono determinare grosse difficoltà nel perseguire i propri obiettivi, la propria realizzazione personale, il benessere delle proprie relazioni sociali e sentimentali. In questo secondo caso possiamo chiedere l’aiuto di uno Psicoterapeuta. La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale ad esempio, ha proprio come obiettivo quello di identificare gli schemi e le credenze disadattive, limitanti e depotenzianti che determinano e mantengono circoli viziosi disfunzionali e attraverso la loro modifica consentono di creare nuovi schemi e convinzioni più adattive, flessibili e potenzianti. La persona potrà così innescare nuovi circoli virtuosi ed ottenere un maggiore benessere ed una maggiore stabilità relazionale ed emotiva.


P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al: 340.2351130.

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Nel mio lavoro mi capita frequentemente di occuparmi dei problemi relazionali, di coppia, delle difficoltà nel trovare un partner o meglio “IL” partner, la cosiddetta “persona giusta”. Spesso arrivano da me giovani coppie che mi chiedono “è l’uomo/la donna che fa per me?”.
Ma quali caratteristiche ha la “persona giusta”? Come ci si accorge che è l’uomo giusto / la donna giusta? Innamorarsi di qualcuno è un evento puramente casuale oppure no? C’è qualcosa di predeterminato in questo evento? Che cosa esattamente ci guida in questa scelta?
Iniziamo a rispondere a queste domande con un celebre proverbio: "Dio li fa e poi li accoppia".
È proprio così, la scelta del partner non è assolutamente casuale ma segue delle regole biologiche e psicologiche ben precise che giocano un ruolo determinante nel far sì che ci orientiamo su di una persona piuttosto che su di un’altra.
Su un piano biologico, secondo le più accreditate teorie evoluzionistiche, l’Uomo sceglie da sempre partner che gli diano maggiori probabilità di garantire la sopravvivenza della sua prole. Se con un po' di immaginazione proviamo a proiettarci nella savana dove vivevano i nostri progenitori, possiamo capire che a quell’epoca per i nostri antenati il problema della sopravvivenza era una cosa veramente seria. Questa esigenza della specie si è tradotta nell’uomo e nella donna in meccanismi e strategie differenti di selezione dei propri partner.
Nell'uomo la strategia migliore per assicurarsi una buona discendenza è stata quella di massimizzare il numero di rapporti sessuali con partner diversi e quella di preferire, in maniera del tutto inconsapevole, quelle caratteristiche femminili di per sé indicative di salute, giovinezza e fertilità (la pelle liscia, un corpo e un viso ben proporzionati, ecc). In altre parole, per i nostri progenitori, una donna “sana” era più in grado di garantire la sopravvivenza della prole e dunque veniva preferita. Scendendo nei particolari fisionomici, le ricerche oggi ci dicono che un viso femminile è più attraente se rispecchia un mix fra tratti infantili (occhi grandi, viso rotondo, ecc.) e caratteristiche facciali che segnalano la maturità sessuale. Il trucco femminile potenzia i segnali infantili, pur mantenendo i tratti adulti come le guance più scavate e gli zigomi alti e pronunciati. Inoltre, le sopracciglia alte e il sorriso comunicano emozioni positive come calore, sensibilità, capacità di accudimento.
Le femmine, invece, hanno da sempre preferito e scelto uomini con caratteristiche di maggiore disponibilità a proteggere e accudire la famiglia. Con la precisa finalità di massimizzare le probabilità di sopravvivenza della propria prole, le femmine hanno scelto nel corso dei millenni maschi che fossero più “affidabili”. Le ricerche dimostrano che le donne gradiscono molto gli uomini che interagiscono in modo affettuoso con i bambini, trovando l’atteggiamento protettivo ed accudente estremamente attraente. Dal punto di vista estetico, gli studi evidenziano che le donne non ricercano affatto partner con caratteristiche altamente aggressive e iper-mascoline. Viceversa, quegli uomini che raggiungono la maturità sessuale conservando alcune caratteristiche fisionomiche infantili vengono percepiti come più attraenti.
Su di un piano più propriamente psicologico, invece,  ciò che ci guida nella scelta del nostro partner è, in linea generale, il principio della somiglianza. Quindi, continuando con i proverbi, dobbiamo sfatarne immediatamente uno che recita così: “I poli opposti si attraggono”. Gli studi confermano, infatti, esattamente il contrario: le coppie durature sono caratterizzate da un'alta somiglianza fra i partner rispetto a intelligenza, valori, caratteristiche di personalità ed interessi.
Un ultimo aspetto, ma che forse è il più importante ed il più inconsapevole, che ci guida nella scelta del nostro partner ha radici più profonde. Nella relazione con il partner ognuno di noi porta una propria precisa modalità, uno “Schema”, un modello di come quella relazione sarà e di cosa ci aspettiamo da essa. Questo “schema” lo abbiamo imparato nel corso della nostra storia personale e lo riproponiamo in maniera abbastanza sistematica nelle nostre relazioni intime. E’ uno “schema” che ricalca, in linea generale, quello che abbiamo sperimentato nel corso delle nostre primissime relazioni significative, ovvero quelle con i nostri genitori. E’ l’esperienza del nostro primo amore, quello con nostra madre (per i maschietti) o con nostro padre (per le femminucce), che ci imprime nella mente un’idea di cosa ci dovremo aspettarci dalle relazioni importanti. Con quell’idea in testa noi ci muoveremo nel mondo e cerchiamo storie e relazioni che possano consentirci di ritrovare quel modello.
E’ evidente, dunque, che oltre alla somiglianza “sociologica”, un criterio che ci guida nella scelta del nostro compagno o della nostra compagna di vita è l’aderenza del partner al nostro “schema” di relazione e la possibilità che quel partner ci da di replicare quello schema. Se però lo schema di partner che avete in mente e che vi è stato “gentilmente” offerto non vi sta più bene (ad es.: se subite continuamente violenze dal vostro partner perchè probabilmente lo avete imparato dai vostri genitori, ecc… ecc…) potete chiedere aiuto ad un Terapeuta che vi sgancerà definitivamente da quel modello sbagliato di relazione di coppia che avete appreso nella vostra infanzia e vi permetterà di trovare un partner che vada bene a voi e che non necessariamente rispecchi lo schema disfunzionale del rapporto coniugale che avevano i vostri genitori.


P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al: 340.2351130.

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A tutti può succedere di dire una frottola, grande o piccola, innocente o malvagia. Quando però, la menzogna diventa una costante della propria vita, quando per sentirsi meglio bisogna assolutamente presentarsi migliori di come si è, o di come si pensa di essere, allora si può parlare di Megalomania: un disturbo caratterizzato dalla tendenza abituale ad inventare bugie servendosi dell’esagerazione, della millanteria e del falso ricordo. I megalomani raccontano di avere stipendi da favola, di andare in vacanza in posti da sogno, di fare conquiste sentimentali invidiabili, di avere amicizie potenti, di possedere ricchezze ed agevolazioni. All’inizio, ovviamente, sembrano persone dotate di fascino, ma nel giro di poco tempo e soprattutto se si approfondisce un po’ la relazione, si rivelano per quello che sono: dei racconta frottole.

Perché fanno tutto questo?

I megalomani non sanno accettare loro stessi e le loro vite per quello che sono. Alla base di questi comportamenti c’è una Depressione latente che potrebbe manifestarsi da un momento all’altro se smettono di raccontare le falsità. Così, vivono costantemente nell’illusione di condurre una vita bella ed invidiabile, perché quella reale è troppo piatta, monotona e triste. Paradossalmente, con la megalomania, però, le loro vite diventano davvero difficili da condurre, al contrario di quanto vogliono far credere agli altri: quando raccontano bugie a qualcuno e quest’ultimo ci crede (perché sono bravi e convincenti), devono subito inventarne altre per coprire la bugia precedente e così via. Le bugie, però, con il tempo diventano così grosse e numerose che queste persone finiscono per perdere il controllo della situazione e incominciano a credere davvero a quelle cose inventate, oltrepassando il limite della bugia detta consapevolmente e sfociando in una specie di vita parallela completamente inventata.

Qual è l’origine di questo Disturbo?

La Megalomania ha un’origine molto profonda e remota nel tempo (sin dalla prima infanzia ci sono i primi campanelli d’allarme). Il megalomane ha una bassissima stima di sé che gli deriva dall’educazione ricevuta dai genitori e dall’ambiente familiare: giudizi familiari negativi, scarsa considerazione delle proprie potenzialità, derisione, disprezzo, disattenzione, assenza di incoraggiamento e valorizzazione, ecc…. Il bambino, non possedendo capacità di critica al quella età, crede fermamente ai messaggi negativi circa se stesso ricevuti dai genitori (che sono i suoi punti di riferimento) e quindi comincia a crearsi una frattura nella sua mente, si formano convinzioni di svalutazione di se stesso, delle altre persone, del mondo e della vita in generale che lo portano a vivere in una continua fuga dalla realtà e dalla coscienza di sé (fantasticherie).

Quali possono essere le conseguenze della megalomania?

Molto spesso il megalomane compie azioni che nelle sue intenzioni servono ad alimentare fantasie e progetti, ma che nei fatti finiscono per mettere nei guai loro stessi, i familiari ed eventualmente le persone che si sono fidate di loro. Non sono rari i casi di persone che “bruciano” montagne di soldi giocando in borsa o lanciandosi in investimenti rischiosi, fallimentari o semplicemente esagerati rispetto alle loro possibilità. Lo fanno per dare concretezza alla loro megalomania e, proprio per questo, finiscono nei guai travolgendo parenti e amici.
Un’altra conseguenza, come accennavo in precedenza, può essere quella della Depressione: una volta che il gioco di finzioni viene scoperto e non regge più, il megalomane va incontro ad un forte stress ed ha, nel giro di poco tempo, un crollo depressivo (ad esempio lo studente universitario che falsifica il libretto degli esami per far credere a genitori e amici che sta per laurearsi).

Che fare per aiutare queste persone?

Inutile e dannoso risulta essere il far finta di niente ed il cercare di tamponare i danni fatti dal megalomane (giustificarli o saldare i debiti). Chi è vicino a queste persone deve aiutarle a capire i rischi che corre: perdita di stima da parte di se stesso e delle altre persone, rischio di perdere gli affetti più cari (familiari, partner, figli, amici, ecc…), tracolli finanziari. È importante insistere sul fatto che loro hanno valore e sono degne di amore per quello che sono e non per quello che vorrebbero far credere di essere. Cercare di fargli capire (anche se non è facile) che si può trattare di un disturbo di origine psicologica e che parlarne con uno Specialista potrà aiutarlo a non nascondersi più.

 

P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al: 340.2351130.

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Nel 1934, il neuropsichiatra Ladislas von Medusa, inietta un farmaco in grado di provocare una lunga convulsione in un paziente di trent’anni con una grave schizofrenia catatonica che da quattro anni non si muoveva dal suo letto. Dopo le convulsioni il paziente non solo tornò a stare meglio ma dopo altre sette applicazioni venne dimesso e riuscì addirittura a lavorare tranquillamente. Il successo di questo caso fu tale che nel giro di pochi anni la terapia venne applicata in tutto il mondo.
L’idea di indurre le convulsioni applicando una corrente elettrica arriva successivamente nel 1938. Ugo Cerletti, neurologo esperto di epilessia, e il suo collaboratore Lucio Bini, dopo aver sperimentato la tecnica elettroconvulsivante sugli animali, si sentirono pronti per applicarla all’uomo. Il candidato “fortunato” fu un paziente schizofrenico di 39 anni, molto disorganizzato e agitato al quale venne somministrata una scossa di un secondo. Dopo 11 trattamenti, anche questo paziente riprese una vita regolare.

Che cosa è, allora, l’elettroshock?  

La terapia elettroconvulsivante è caratterizzata dal passaggio per breve durata (da 0,1 a 0,8 secondi) di corrente elettrica alternata con un voltaggio compreso tra i 110 e i 140 volt, mediante due elettrodi posti simmetricamente sulla cute delle regioni fronto-temporali (sulle tempie). L’elettroshock viene praticato di solito due-tre volte alla settimana, previa narcosi (anestesia), per un numero complessivo di 8-12 applicazioni, massimo 20.

Si usa ancora oggi questa forma di trattamento?

Purtroppo (ma è la mia personale opinione!) sì, si usa ancora oggi, anche se l’impiego di questa terapia è andato scemando via via nel tempo a causa delle forti critiche sulla liceità circa l’uso di uno strumento meccanico per curare disturbi psichici, per l’indeterminatezza delle sue modalità d’azione e per i suoi gravi effetti collaterali (danni miocardici e disturbi della memoria per i fatti più recenti). Oggi, per fortuna, praticamente possiamo dire che questa terapia violenta e coercitiva è stata definitivamente abbandonata e sostituita da terapie meno invasive ed ugualmente efficaci (psicofarmaci e psicoterapia), anche se nel 2007 è stata fondata da un gruppo di psichiatri, l’Associazione italiana per la terapia elettroconvulsivante (AITEC) con lo scopo di favorire il diritto del malato di poter scegliere fra tutte le opportunità terapeutiche, anche quella dell’elettroshock.

In quali patologie può essere utilizzato questo trattamento?

Anche se non si conosce precisamente il meccanismo d’azione dell’elettroshock, molti studi attestano che si possono ottenere dei benefici su determinate patologie mentali molto gravi resistenti alle terapie farmacologiche: depressioni endogene, arresti psicomotori, schizofrenia catatonica.

 

P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, inoltrateli direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al: 340.2351130.

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