Foggia, 07 novembre 2012
«Questa vittoria non e’ un caso»: Barack Obama l’ha costruita saggiamente, mentre l’Europa si accoda, come sempre, a chi potrebbe continuare a mantenerla viva. Come sciacalli nel deserto, l’Europa attendeva la riconferma del presidentissimo sperando che il futuro porti risorse, le stesse del default finanziario che gli States stanno riuscendo ad arginare, mentre l’Europa cedono alla deriva. Nel frattempo gli antagonisti di sempre del paese a stelle e strisce osservano con ottimismo e l’Italia tecno-politica crede nella svolta giacché non ne è capace.
Con Obama gli “States” continueranno nella loro ripresa. Pur negli stenti economici che versa quella nazione, gli Stati Uniti di d’America saranno protagonisti nei prossimi anni dell’economia mondiale, suggerendo soluzioni a chi fino a ora li ha ascoltati. La vera sfida per Obama è convincere quei paesi che oggi lo considerano antagonista per la crescita dei loro confini, ricchi di risorse mai utilizzate per loro, ma per gli altri. I rapporti con i paesi asiatici e mediorientali, con la riconferma di Obama, saranno più fluidi grazie alle politiche estere messe in campo in questi anni travagliati da un’economia falsata da burocrati malfattori e da predoni di terre interessati da ricchi sottosuoli e stupidi antagonismi religiosi. Gli States non è che siamo meno ai quei predoni di terre, ma l’apertura di Obama ha reso meno tesi i rapporti con i “veri proprietari del petrolio”, riconoscendo sbagli di precedenti presidenti belligeranti e approfittatori delle debolezze altrui. Con Obama l’Europa tira un sospiro di sollievo e con essa il nostro paese guidato da Monti. Un sospiro, non un respiro poiché l’arretratezza mentale di scelte economiche fatte dai nostri tecno-politici sono strettamente legate all’egemonia di una Merkel autoproclamata paladina del continente. Monti si rallegra per la rielezione di Obama, come a dire che la sua permanenza a Montecitorio proseguirà in nome dell’amicizia con il presidente americano e di quella di Napolitano, un presidente sempre più imborghesito e costituzionalmente “flex-garante”. Come pure le scelte di un Marchionne, incoronato dagli States, saranno più decisive nel mercato del lavoro e economico di un’Europa cieca a simili contraffazioni. Obama è stato riconfermato: ciò non vuol dire che l’Europa debba proseguire con le attuali politiche messe in campo. Nella campagna elettorale di Barack Obama la parola Europa non è comparsa, semmai declinata con sinonimi e acronimi. E questo la dice lunga sulle future scelte che il “presidentissimo” potrebbe mettere in campo. Se gli States inneggiano per una Chrysler risanata non significa che l’Europa debba seguire la stessa linea per l’economia di casa. E’ naturale che Marchionne venga considerato salvatore nel paese a stelle e strisce; non lo è per un continente, e nello specifico per il Belpaese, che è giunto al bivio. Tuttavia c’è da considerare che il nostro continente non batte moneta con una banca ufficiale, solo burocratica, differente da quella degli Stati Uniti. Un paradigma che ha le basi lontane nel tempo, di scelte perpetrate fin da quando ci si chiedeva se il muro di Berlino sarebbe stato abbattuto o fortificato. Ed oggi quella scelta è stata fatta, senza tener conto del welfare continentale che si sarebbe generato a sfavore della gente comune. Con i 303 grandi elettori contro i 206 di Romney, Barack Hussein Obama ha posto il sigillo per un’America più ricettiva alle esigenze di paesi poco amici e richieste più laiche. Apertura verso nuove frontiere oggi ostili, meno armamenti e più dialogo, welfare agevolato e riconoscimenti di unioni da noi considerate sacrileghe, terapie poco invasive ma efficaci liberalizzando sostanze naturali chi noi decliniamo illegali. Un neo, per ora, rimane negli States: la pena di morte nello stato della California non è stata abrogata e il referendum che sosteneva questa soppressione è stato bocciato. Un neo cui Obama dovrà estirpare se vorrà che la vera democrazia in nome della centralità della persona venga esalata e “copiata” da stati oppressori. Ripresa economica e meno povertà è la sfida di Obama, mentre un’Europa stenta a vivere inseguendo chimere costruite ad hoc da una casta che dapprima si esalta per la riconferma del presidente di colore e poi si chiude a comparti stagni per attuare politiche economiche.
Mi chiedo cosa sarebbe stata ora l’Europa se a capo vi fosse stato Barack Obama piuttosto che la capricciosa Angela Merkel. Nel frattempo mi congratulo con Obama per la sua vittoria che speravo.
Nico Baratta
Direttore Responsabile
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Mercoledì, 07 Novembre 2012
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