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Sempre più persone apprezzano i prodotti contenenti cannabis a basso contenuto di THC e ricco di CBD. Eppure, nonostante la grande offerta di negozi e prodotti anche online, dal punto di vista legale l’Italia ha ancora dei grandi passi da fare per liberarsi del forte pregiudizio da parte della politica e delle istituzioni nei confronti della cannabis light. Cerchiamo di fare chiarezza con questo articolo, ma per maggiori informazioni puoi cliccare qui.


Il referendum sulla cannabis

La speranza verso una completa legalizzazione della canapa light in Italia sembrava arrivare dal referendum promosso da una serie di associazioni, per cui erano state raccolte oltre 630mila firme tra i cittadini. Tale proposta è stata però bocciata da parte della Corte Costituzionale. I supporter del referendum chiedevano che fosse eliminato il verbo ‘coltiva’ dal Testo Unico sugli Stupefacenti, in quanto inserito nell’elenco delle attività legalmente punibili. L’articolo in questione, tuttavia, non si riferisce solo alla cannabis, ma anche al papavero e alla pianta della coca. In questo modo anche i canapicoltori potrebbero rischiare la reclusione da 6 a 20 anni o una multa da 26 mila a 260 mila euro.

La bocciatura del referendum

La Consulta, a detta del Presidente Amato, non avrebbe mai potuto approvare il referendum perché era troppo rischioso: si avrebbe rischiato la legalizzazione della coltivazione delle piante oppiacee, con la “violazione degli obblighi internazionali” in tema di repressione della coltivazione e del traffico di droga. In realtà, l’unica pianta da cui è possibile produrre direttamente sostanze stupefacenti è proprio la canapa. Perciò, anche non vietando la coltivazione delle altre piante, si poteva continuare a reprimere il fenomeno delle droghe pesanti.

aaaIl consumo di CBD in Italia: cosa dice la legge

In Italia il consumo di cannabidiolo, sostanza priva di effetti psicotropi, non è proibito dalla legge. Nell’ottobre del 2020, tuttavia, il Ministero della Salute ha emanato un decreto in cui classificava il CBD tra i componenti che causano dipendenza psicologica e fisica, per cui poteva essere consumato solo previa ricetta non ripetibile. Dopo le proteste suscitate da questo decreto, ne è stato emanato un altro che ha fatto marcia indietro, per cui il Ministero non riconosce più il CBD come sostanza stupefacente.

Ad oggi, comunque, esiste un vuoto legislativo colmato in parte solo dal DPR 309/90, in cui è contenuto il Testo Unico degli Stupefacenti. In questo testo qualsiasi varietà di canapa, considerando fiori, foglie, oli e resine, indipendentemente dal suo contenuto di THC, è classificata come pianta da droga. La seconda la legge di riferimento per il settore è la 262/16, che regola la coltivazione della cannabis sativa con un basso contenuto di THC.

Da un lato, dunque, la legge ammette la coltivazione delle varietà ammesse nel Catalogo comune delle Varietà di specie delle piante agricole ottenute tramite sementi certificate, dall’altro, le sue parti sono considerate pianta da droga, a eccezione “della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell’Unione europea”. Questa doppia lettura ha creato un rilevante margine di ambiguità tra gli usi leciti e quelli illeciti della pianta, con magistrature di regioni diverse che hanno dato interpretazioni differenti, condannando produttori di canapa (poi assolti).

La posizione dell’UE

Per l’Unione Europea, invece, la circolazione del CBD è assolutamente legale. Uno Stato membro, come l’Italia, non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo legalmente prodotto in un altro Stato membro, se tale prodotto è estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza, non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi.

Cosa dice l’OMS

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è dal 2018 che il CBD è stato dichiarato sostanza sicura, che non nuoce alla salute degli individui che la consumano. Nello stesso anno, la World Anti-Doping Agency (WADA) lo ha addirittura eliminato dall’elenco delle sostanze stupefacenti. Gli sportivi possono consumare liberamente prodotti a base di CBD, a patto che sia sempre dimostrabile l’assenza di THC in essi, in quanto il tetraidrocannabinolo ha effetti psicotropi e può causare dipendenza.

In conclusione

In Italia la legalità del CBD è ancora oggetto di controversie e di interpretazioni legislative che mettono a rischio soprattutto i coltivatori, ma anche i produttori. Questo, nonostante ormai in tutto il mondo il CBD sia considerato una sostanza naturale sicura e, all’interno dell’Unione Europea, possa essere liberamente commerciato, se estratto interamente dalla pianta di cannabis sativa. In ogni caso, prodotti di canapa light in libera vendita, sicuri e garantiti, si possono trovare su Justbob, uno degli leader del settore in ambito e-commerce.